Parco Marino: le barche per turisti pagano di più, ma la pesca illegale prolifera. Il lungo braccio di ferro tra la cooperativa dei “barcaroli” del parco e riserva marina di Malindi e Watamu si è praticamente concluso in un nulla di fatto. Chi vuole uscire paga ben 11 euro a turista (aumento superiore al 50%) e il Kenya Wildlife Service è vigile e pronto a multare chi prova ad aggirare il pagamento del ticket. Ma, a quanto pare, non ha il polso altrettanto fermo contro la pesca di frodo con le reti illegali, le cosiddette “ring net”, un tipo di reti vietate in kenya come ormai in tutto il mondo, in grado di rovinare i fondali e la barriera corallina.
Proprio ieri è stata avvistata un’imbarcazione di pescatori che usavano questo tipo di reti all’interno del parco marino, alla faccia delle autorità e a pochi metri dai turisti che facevano le immersioni.
Angelo De Faveri, diver professionista, è sconcertato da quello che ha visto e che ha fotografato ieri per noi. “Io pago di buon grado il biglietto – spiega De Faveri – addirittura per accedere alla riserva marina che parco non è, anzi lo sto pagando maggiorato, ma trovo bizzarro ed increscioso che i turisti, nel mio caso subacquei, che pagano ben 11 euro per guardare i pesci, sono costretti a guardare anche i pescatori professionisti, muniti di mezzi non tradizionali di pesca”. Nella foto si possono notare le bombole a poppa della barca, e le famigerate “ring net”.
“Tutto questo è successo a soli cinquanta metri dal punto di immersione - prosegue De Faveri - e dalla foto si può notare anche quanto la barca fosse vicina alla riva, ferma e non in movimento. Stavano tirando su le reti, e le persone che erano con noi hanno dovuto assistere alla pesca dei pesci tropicali che noi durante il briefing pre-immersione proibiamo di disturbare e toccare, così come d'altronde pubblicizza e richiede il KWS”.
Insomma, sarebbe come se i turisti nei parchi nazionali, dopo avere pagato per vedere gli animali e assistere allo spettacolo della fauna selvaggia e libera nel suo habitat naturale, dovessero assistere o venire a conoscenza di mattanze di animali, il tutto in modo illegale e sotto gli occhi del KWS che un attimo prima ha staccato i biglietti ai turisti stessi. I metodi di pesca tollerati dalle leggi del Kenya nella riserva marina sono esclusivamente quelli di tipo tradizonale, ovvero con lenze e canoe, e dunque non certo barconi di trenta persone impegnate con attrezzature subacquee e reti illegali. De Faveri, come oggi farà l’Associazione Turistica di Malindi e Watamu, ha già inoltrato ogni tipo di protesta ufficiale al KWS, che per quanto riguarda i parchi nazionali in savana non dimostra di essere tenero con i bracconieri (cinquanta arresti nei mesi scorsi per la tratta dei leopardi e un cacciatore colto in flagrante e ucciso due giorni fa). “Non riesco a spiegarmi come mai ciò che avviene sotto al mare non venga protetto in maniera adeguata – conclude De Faveri - anche e soprattutto in vista di aumenti del cinquanta per cento degli ingressi al parco marino e per di più estesi anche a zone che parco non sono”
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